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Federica, la mia storia

Da disubbidiente pentita a creatrice di

"panni" belli e ben fatti con un equilibrio tra passato, presente e futuro.

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Ho sempre odiato le ragazze perfette

Oggi so che non esistono.

Ho sempre odiato le ragazze perfette.

Oggi so che non esistono.

La scintilla dell'invidia per quel loro equilibrio "raggiunto", ha acceso in me il fuoco della ricerca: trovare l'equilibrio nella mia vita, negli affetti, nei propri spazi, insomma, nei "propri panni" è diventata la mia missione personale, quello a cui aspiro, ma che invece rincorro da sempre.

E questa credenza dell’impossibilità di raggiungere il mio scopo mi ha accompagnata per molti anni.

Disubbidiente pentita

Sono sempre stata una disubbidiente pentita.

Sempre nei guai fin da bambina con le mie marachelle, quelle che si fanno per attirare l’attenzione dei genitori. Sono la più piccola di tre fratelli e pure femmina, far sentire la mia voce era piuttosto difficoltoso.

Farmi spazio e farmi notare sono state le mie prime necessità, la “sindrome” di ricerca di equilibrio

credo sia nata in quegli anni.

Cercavo il bilanciamento tra le voci di casa,

un bilanciamento del mio spazio rispetto a quello dei miei fratelli e, a dire il vero, di tutta la famiglia.

Sì, perché sono cresciuta in quelle famiglie grandi, che abitano nei casolari di campagna, dove le porte sono aperte a tutti i parenti. I miei erano grandi lavoratori, già imprenditori. Il tempo per vivere l’intimità familiare era ridotto. Chiudere la porta principale di casa era il mio desiderio, volevo contenere dentro tutto il calore solo della mia di famiglia.

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A proposito degli spazi

Il via vai di zie, zii e cugini ha comunque suscitato in me un piacere per lo stare in compagnia.

Avevo la mia camera e, da ragazzina, mi sarebbe piaciuto condividerla con i miei fratelli, ma ero femmina, condizione da escludere.

I mobili che l’arredavano, come spesso succedeva in quegli anni, non erano esattamente coordinati,

più che altro si trattava di una commistione di stili

che andavano dal letto del bisnonno,

all’armadio di seconda mano. Orribile!

Nella mia ricerca di equilibrio questo frastuono dell’arredo mia ha causato varie crisi: li spostavo continuamente senza trovare l’atmosfera giusta, a quindici anni mi sono decisa e ho ricoperto l’armadio con la carta da parati. Oh, cielo!

Finalmente un po’ di armonia.

La zia Franca e l'equilibrio nei propri "panni".

I miei genitori erano per la maggior parte del tempo in azienda, così io passavo interi pomeriggi nel laboratorio/casa di mia zia Franca. In pratica era un prolungamento della nostra casa. All’inizio mi lasciavo incantare dalle mani sapienti di mia zia che tagliavano e cucivano stoffe dai vari colori e fatture.

Quando parlava con i clienti e provava loro i capi, io ero completamente in estasi!

È stato all’età di undici anni che mia zia mi ha seduta alla macchina da cucire impartendomi le prime lezioni.

Mi si è aperto un mondo!

Se nell’infanzia ogni Natale e Pasqua festeggiavo il look nuovo creato per me da mia zia, quando sono cresciuta e ho cominciato ad uscire con gli amici,  grazie alla nuova arte appresa, praticamente ogni sabato mi confezionavo qualcosa di nuovo da mescolare

con i capi vintage che “rubavo” dall’armadio di mia mamma o di mia zia.

Vestivo eccentrica, non so come apparissi agli occhi delle mie amiche. Osavo e sperimentavo, mi piaceva giocare con il colore, mescolare.

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L'Inghilterra

La mia innata curiosità si può tradurre anche in fascinazione dei mondi lontani. Complice una conoscenza estiva con un ragazzo inglese, e in me si scatena la voglia di scoprire un’altra realtà dove, ascoltando le sue parole, l’equilibrio, specie quello tra i sessi, sembrava poter esistere. Sì, perché ammetto che la questione di chi si occupa delle pulizie domestiche, per me è sempre stata ostica. Secondo me non erano ad esclusivo appannaggio delle femmine, in casa mia, con due fratelli, si ragionava diversamente, ahimè.

Finito il liceo artistico decido e parto per l’Inghilterra.

La scusa: imparare l’inglese. La verità: volevo dimostrare di avere ragione! Cioè che una parità tra maschi e femmine esiste. E poi Londra! Era il top per la moda originale e di ricerca, diciamolo!

Con mio grande stupore, oltre a scoprire di avere ragione (evviva!), ho ben presto notato che la tanto da me rincorsa perfezione, là era considerata quasi un difetto! I giovani inglesi ricercavano la loro identità attraverso la sperimentazione in tutti i settori,

codici cui uniformarsi erano mal visti.

Questo si traduceva in assenza di giudizio e una maggiore rilassatezza, più precisamente vinceva lo smalto delle unghie rovinato su quello appena steso.

In poche parole io in Inghilterra ero troppo perfetta!

Ah, la libertà credo sia stata la cosa più bella

di quegli anni. Sì, anni, alla fine i sei mesi previsti a Londra, sono diventati sette anni!

Passione ricamo

Dopo i primi mesi londinesi impegnata a studiare la lingua, ho sentito di voler restare in questa nuova realtà, così ho cercato lavoro e mi sono iscritta all’università.

Seguendo la mia passione per la moda ho scelto un corso di laurea breve nell’arte del ricamo al “London College of Fashion” che poi si è trasformato in laurea triennale, passando al corso in design di moda.

L’incontro con la mia mentore Karen Nicole lo porterò sempre nel cuore, è lei che mi ha acceso l’amore per il ricamo insegnandomi davvero tanto. Karen sapeva fare tutto, dal ricamo classico a quello più innovativo e me lo insegnava con passione. Usavo le irish machine, macchine da ricamo all'epoca sconosciute al mercato italiano. Si trattava di ricami “mano/macchina”, questo significa che la manualità dell’operatore svolge un ruolo fondamentale, non si segue un programma impostato nel software della macchina.

Finita l’università, ho iniziato a lavorare come libera professionista e ho svolto altri impieghi molto interessanti. Presso la stilista Kathrine Rynar,

ho ricamato abiti da sposa, che meraviglia!

Kathrine era rimasta impressionata dal mio portfolio.

Sono stati anni in cui lavorare era davvero divertente e c’era il gusto di poter esprimere la propria arte.

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L'amore e il ritorno

in Italia

È stato durante uno stage che ho conosciuto il mio futuro marito, Damian. Il modo di vivere inglese mi aveva conquistata e anche lui.

Nonostante avessimo entrambi un ottimo lavoro, abbiamo deciso nel 1999 di tornare in Italia. Lo sentivo dentro, avevo ormai appreso tutto quello che potevo imparare, avvertivo che la mia valigia era carica di esperienze e avevo la necessità di tornare in una realtà dalle dimensioni più contenute.

Le metropoli possono, in effetti, stancare. E poi lo ammetto, mi mancavo i miei familiari e i rapporti profondi che solo nei paesi mediterranei evidentemente si riescono ad instaurare.

La mia “italianità” è prevalsa nel cuore.

Era giunta l’ora di tornare alle origini, adesso potevo affrontare il viaggio di ritorno in due.

fe accessories

Ho continuato a lavorare come ricamatrice anche in Italia, prima come dipendente e poi come autonoma, presso alcune aziende rinomate del settore.

Ero responsabile dei ricami a macchina. Fornivo le idee, studiavo tecniche nuove, spiegavo come realizzarle.

Per diversi anni ho mantenuto rapporti

di lavoro anche con Londra.

Nel 2009 ho sentito di essere pronta per esprimermi in un prodotto che portasse il mio nome,

è nata la mia collezione: fe accessories.

Volevo coniugare l’arte del ricamo con il recupero di materiali scartati dall’industria tessile: realizzavo accessori di lana da vecchi maglioni.

Ho da sempre creduto nell’importanza di un’economia circolare e che questa circolarità potesse avvenire

nel bello e nel ben fatto.

Lavoravo nel mio laboratorio e, a parte durante le fiere, incontravo poca gente. Mi ricordo che cominciava a mancarmi il rapporto diretto con il pubblico,

i miei clienti erano negozianti.

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fedifo, la mia nuova avventura

Mentre covavo dentro di me questo sentire, mio marito ed io abbiamo deciso di cambiare casa, abitavamo in campagna, volevamo venire in città, in particolare nel centro storico. Così, girando in cerca di casa, ci siamo imbattuti in uno stabile in vendita in via Edmondo de Amicis, 10 a Forlì e, che dire, ce ne siamo innamorati!

Da subito abbiamo capito che lo spazio

non era in realtà adatto per abitarci, ma era perfetto come luogo di lavoro!

Avevo finalmente trovato quello che il mio cuore mi stava chiedendo.

Nel 2015 sono cominciati i lavori di ristrutturazione dell’edificio e, nell’arco di un anno, ho aperto i due spazi al pubblico e il laboratorio in cui produco per il mio negozio e per altre realtà.

È iniziata la mia nuova avventura!

Creare "panni" belli e ben fatti con un equilibrio tra passato, presente e futuro è

il risultato che condivido oggi con te.

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